Antonio Capano – Luglio 2017

LE PROBLEMATICHE DEL MONDO CONTEMPORANEO NEL PERCORSO ARTISTICO DI LUCIANO CIRILLO

Si è chiusa il giorno 19 luglio 2017 nella sede della Pro loco di San Martino Cilento (SA) la mostra d’arte, basata su originali, litografie, stampe, diplomi ed articoli di riviste, riguardanti l’intensa attività di Luciano Cirillo, nato ad Agropoli il 13 dicembre 1945, da tempo trasferitosi a Cologno Monzese, di cui chi scrive presenta un’ampia scheda facendo proprie, se considerate consone al proprio sentire, anche brani scelti delle numerose recensioni scritte da firme autorevoli nei riguardi dell’artista e da lui presentate nella mostra.

Questi, già autodidatta e poi diplomatosi presso l’Accademia di Belle Arti di Brera, ove ha anche seguito un corso libero di nudo, è stato insignito, tra l’altro, del titolo di accademico presso l’accademia di Lettere Scienze e ed Arti di Roma (1988).

Fin dalla fine degli anni Cinquanta-Sessanta del secolo scorso egli ha dimostrato la sua sensibilità nel trattare temi collegati alla sua terra con “Notturno marino” (olio su masonite, 1959), con “un incredibile senso di gioia”, che crea “le stesure più esaltanti di colore, come se la natura si rovesciasse al di fuori caricata di potenza, ma anche di poesia”.

Nel 1989 Vincenzo Bendinelli lo ha definito artista “dalla forza creativa primordiale, dominata, però, dalla partecipazione di una mente attenta alla problematica carica di tensioni e di contenuti dell’attuale umanità”, che egli, abbiamo constatato, continua a comunicare incessantemente per mezzo delle sue numerose realizzazioni, che attengano anche il campo della scultura, ad esempio con l’assemblaggio di residui industriali, non senza attraversare l’ampio mare della poesia, con il fine ultimo e nobile di condurre l’osservatore a meditare sui principali enigmi dell’esistenza e sulle azioni degli uomini, per raggiungere uno stadio esistenziale quando più consapevole e sereno possibile.

L’arista poeta ci richiama alla riflessione, “in un susseguirsi di proposte e riproposte, tormentato da una sete infinita di conquista del linguaggio”, attraverso un messaggio che proviene dalla “trascendenza dell’arte”, caratterizzata, nel suo caso, dall’onestà che si esprime nel gesto e nel pensiero, dalla sua indole di ricercatore ed indagatore, da un’esistenza priva dell’imperversante “boria umana” che spesso si conclude nella “continua caduta di indoli di argilla”. Le sue immagini poetiche, si è scritto, scaturiscono dalla fantasia come sospinte da una forza naturale irresistibile, e , pur riprendendo tematiche e linguaggi di alte personalità del passato come Dante, Michelangelo, e Leopardi, non le imita ma le utilizza in modo congeniale alla sua forte personalità per esprimere problematiche attuali, in cui, passato dal momento figurativo a quello informale, non scevro anche da riferimenti metafisici, il colore si pone come mezzo espressivo di un linguaggio “estetico ricco di simbolismi e di risonanze misteriose”, tratte non solo dalla fantasia ma anche dalla storia, dalla filosofia, dalla lirica e dall’epopea; comunque, in una dimensione che supera la dicotomia tra sogno e realtà, tra visione fantastica e percezione visiva, e che nella sua ampiezza concettuale si esprime anche nelle imponenti dimensioni dei quadri (oltre che di sculture),ove l’artista si rivela un abile compositore di immagini, le cui magie suggestionano, indipendentemente dai messaggi che veicolano.

L’inconscio con le sue profonde inquietudini, è il protagonista principale delle sue opere, lo denota la “tecnica rapida dell’esecuzione e la genuina ispirazione, ma il simbolismo che emerge porta sempre il contributo cosciente dell’artista”.

Vi “affiorano angosciosi i grandi problemi dell’uomo su cui incombe la misteriosa presenza d’un dio muto eppure presente… l’alienazione dell’incomunicabilità dei nostri tempi… affiorano i segni angosciosi di un’umanità che soffre, che però l’artista si sforza di prospettarci in un’angolazione religiosa di pace spirituale”.

Il che si riscontra, nello sforzo di un mutuo cercarsi, tra l’artista, le figure dei quadri e l’osservatore, nelle opere degli anni Settanta in cui il primo precisa, tra l’altro, “le singole espressioni dei volti fuori da ogni dettaglio ambientale. La fierezza dei volti nel suo elemento psicologico affascina non respinge”.

Accanto alle “Nature morte” che vengono tradotte negli oggetti in parte rovesciati dal ritmo frenetico della nostra esistenza (composizione n. 73, olio su tela, 1970), difatti, ritroviamo ritratti come quello di Massimiliano, che guarda il pittore che lo ritrae in modo enigmatico, quasi richiamando la Gioconda di Leonardo con il suo sorriso appena abbozzato, ma non ostile (olio su masonite dello stesso periodo).

Nel suo studio dei nudi femminili riprodotti in numerose opere, l’atmosfera è rarefatta, onirica e simbolica, nel segno di una realtà che, talora filtrata anche da veli cromatici, si propone per un continuo approfondimento, con il colore che, si è scritto giustamente, “appare filtrato e trasparente”. Il “mistero” della donna, fin dall’origine del mondo, si esprime nella sua profondità generatrice; nel dipinto che la raffigura crocifissa, si è notata la concezione dell’artista che la “crede superiore all’uomo nella sua essenza di matrice di continuità vitale”.

Talora le sue argomentazioni vengono tradotte in linguaggi simbolici come in, “Simboli n. 9” (olio su tela, 1969), in cui è raffigurata una donna nuda che, all’interno di un frutto, si volta, verso l’osservatore, ad indicare la connessione con la natura nei suoi aspetti di fecondità e di autenticità. Ma il nudo di donna “circonfusa di bottiglie e fiaschi tenebrosamente allusivi”, diventa, invece, l’espressione di un mondo crudele ed il feto nella poesia “Voglio viver anche ‘io” sottende la problematica anche etica della vita e della morte.

La crisi del ’68, che investe i valori sociali, morali e religiosi, l’artista la denuncia illustrando dell’inferno di dante il “Canto decimo (Il regno degli eretici, l’incontro con Farinata degli Uberti-VI cerchio” (olio su masonite,1963), per assorbirne l’“aura” drammatica che è propria dell’esistenza umana, che ora si vuol cogliere nella sua evoluzione spirituale più che materiale, quale segno di dignità e riscatto.

La ricerca di serenità e di pace si rivela nel ritorno ai paesaggi della sua terra natia, in “Tramonto n. 2 sul convento di S. Francesco” (olio su tela, 1969), o nei richiami al messaggio del pensiero filosofico (olio su tela): “I principi di una scienza nuova dintorno alle comuni nature delle nazioni di G.B.Vico”(1968), o nel richiamarsi alle coscienze contrarie ad ogni forma di guerra (“Perché corrodere il fiore della pace?” (1968) e “Hiroshima”, sintetico su cartone, 1969).

I temi sociali a lui cari, tra il 1968 ed 1979, partono dalla violenza, dal razzismo, dall’ecologia, dalla diossina, che trasforma l’uomo in mostro, e dall’aborto.

E vengono affrontati anche nella poesia (“Per non aver riflettuto il giorno prima” (un boato assordante una luce che brucia ed ecco il fungo e questo è l’uomo ed ecco l’interrogativo il non aver riflettuto il giorno prima” (1973).

Nel 1974, anno in cui l’artista constata che “i miti crollano, altri si formano su basi che poi si riveleranno solo apparenza”, e di cui Marylin Monroe (+ 1962) è stato “il caso tipico di una infelicità proveniente dall’interno”, la pittura diventa più materica e ricca di richiami letterari, ricorrendo ad ampie superfici, con un linguaggio surrealistico “che è sogno, lungo e carico di passioni”.

I paesaggi sono tradotti nei loro contenuti dal “chiarismo” surreale, mentre la “Solitudine e silenzio nei pressi del molo” (olio su tela,1979), sembra nel suo linguaggio onirico e simbolico, una mediazione sul dramma dell’esistenza rappresentato, in un retaggio storico, da un volto trafitto e dalla forma di croce del molo stesso, che, in questo caso, non presenta alcun riferimento specifico al luogo natio ma all’umanità tutta.

Grandi tele affrontano agli inizi degli anni ’80 i temi della riflessione contemporanea dell’artista (“ Tu il filosofo dei filosofi”(1981), i “ segni del tempo”(1982), dell’evoluzione (“Dall’evoluzione della prospettiva cosmica studiare l’alba dell’uomo”(1999), dell’infinito (“il linguaggio surreale dell’immensità) (1981), gli “storici messaggi dei tempi posti tra l’infinito piccolo e l’infinito grande” (1980), la responsabilità dei genitori in un mondo tormentato, concernente l’educazione dei figli ( “Il figlio è”: è bravo a scuola… è primo in tutto! Tu, genitore, ti sei domandato mai se è primo nei sentimenti? Nell’educazione civica?” (1987), i sentimenti più nobili (“Sentimenti e ricordi” (1983), ove si mescolano la luce, la dolce melodia, il silenzio misterioso, una meravigliosa compagnia e le lacrime dei ricordi).

E seppur lo rinfranca, “Essere artista” (1986) e poter liberamente scandagliare le dimensioni dell’esistenza individuale ed un universale, lo assillano i problemi della società, pervasa da un progresso irriverente verso l’uomo che diventa vittima di se stesso e che non tutela le categorie più disagiate della società: “…la circostanza omicida del progresso: correre, arrivare, essere primi a tutti i costi…”, o il commento di un incidente automobilistico ai danni di chi è intento con gioia a raccogliere fiori in campagna, in cui è la stessa morte, interrogata del perché, non ha parole, non sa chi la manda (“La macchina e la circostanza omicida del progresso”,1988).

Con il titolo “Per colpa di chi”(1984), la poesia è scritta per un barbone che nell’indifferenza di tutti e per la mancanza di strutture conduce la sua vita errabonda, mentre permane un inno “Per il futuro del mondo”, da sempre ricercato dall’artista in ogni forma d’arte ma anche in un neonato e nell’amore o nella poesia: “Dalla grande strada azzurra all’azzurro infinito” (tecnica mista su tela,1981), in cui il colore è indicativo di un passaggio edificante dello spirito, non solo della scienza, che dalla nostra realtà conduce alla scoperta delle nostre origini più remote.

L’indagine può scaturire, comunque, anche dall’osservazione di segni cromatici informali lasciati “ sui muri della mia città” (olio su cartone,1983), ove come in altre opere, Cirillo è “proteso verso esperienze formali astratte, come a voler trovare nella forma l’equilibro stesso dell’infinito che egli cerca di comprendere nella sua incommensurabilità: è forse la ricerca di Dio stesso!”.

Ed è proprio il “Dialogo tra linguaggio casuale e linguaggio gestuale alla periferia dell’inconscio” (tecnica mista su tela,1985), che ci deve far capire i veri valori della vita, altrimenti sorge il drammatico dubbio: “Non saremo cosi pazzi da finanziare la distruzione del mondo”(Collage su pannello di compensato,1986), in cui il tormento “ dantesco” dell’umanità, espresso da braccia, colorate di rosso sangue, sollevate in un gesto nel contempo di disperazione e di ricerca d’aiuto, si mescolano ai titoli allarmanti della carta stampata. L’uomo può cercare di evadere dai suoi problemi esistenziali approfittando di un “incontro con i seguaci di Simon mago”, quale via di fuga momentanea nel settario e nell’allucinato; o cercando contatti con le mostruose apparizioni di “Quasi alieni” nel “sulfureo azzurrino di una caverna”.

L’artista , pur tra le traversie della vita generale dal suo solitario itinerario di ricerca (“Quando vivi in una dimensione e, culturalmente, fai parte della minoranza sarai sempre calunniato e schiacciato specialmente quando tutto ciò è alimentato dalla gelosia”), utilizzando anche l’arte “gestuale”, negli anni ’90 ci dice del buio che, a differenza della luce abbagliante, permette di “vedere in profondità perché conduce alla riflessione ed attraverso di esso si possono scorgere confini lontanissimi e smisurati “(1990), e del silenzio, non dei furbi e dei malvagi, ma “di tutte le persone che hanno sofferto e tacciano a fin di bene per evitare altra sofferenza seppure questo silenzio faccia soffrire loro stessi” (1991), mentre negli “Orizzonti sconosciuti” (olio su tela di juta, 1999), la frammentazione e la diversità di colori di un corpo sferico introducano nelle problematiche dell’esistenza individuale ed universale.

Ne “le sentinelle del mattino” scultura inaugurata nel 2001, Cirillo, rifacendosi alle parole di Giovanni Paolo II, “esprime il nuovo mattino di cristo invitando i giovani a vigilare”, proseguendo nel messaggio comunicato nella prima grande opera intitolata “Al di sopra delle nostre dimensione per un’alba di pace”, ove “la colomba della pace riesce a “superare” un intricato groviglio di cavi che rappresentano la nostra condizione umana che, spesso per egoismo e interesse, limita la grandezza dei nostri ideali” (Stefano Zanelli 2007).

Un antidoto fondamentale a tali crudeltà è rappresentato dalla “Misericordia”, che si è celebrata con papa Francesco nel Giubileo Straordinario della Misericordia (2015-2016): “Il sentimento che induce al perdono del prossimo. Chi è misericordioso ha delle opportunità di tramutare il dovere in bellezza, di trasformare il dialogo in inno d’amore, di trasformare la virtù e l’inclinazione al soccorso in manifestazione di Dio…, cui si aggiunge l’esempio di Madre Teresa di Calcutta, una “Grande Madre” dello Spirito e della Carità, in un periodo in cui l’uomo, purtroppo, è indifferente verso la propria salute, non rispetta il prossimo, non rispetta chi lo ha partorito, è cieco verso l’altrui libertà, non crede alla pace, bada al lucro e produce morte. Il suo principale interesse? E’ l’interesse stesso (Agonia di una madre”).

Luglio 2017

Antonio Capano