Giorgio Seveso – Giugno 1986

Luciano Cirillo

Una poetica del sensibile

a cura di Giorgio Seveso Giugno 1986

Le suggestioni del colore e della calma vibrazione delle superfici sembrano essere l’esito persuasive delle attuali ricerche di CIRILLO.

Dopo diverse fasi di indagine più figurale, dense di riferimenti e approfondimenti di volta in volta surrealisteggianti o metafisici, e dopo momenti di profonda matericità in cui le dimensioni tattili degli impasti e delle pennellate avevano consistenze aspramente risentite, si direbbe che oggi il suo lavoro sia entrato in una dimensione decisamente più pacata, riflessiva, assorta.

La pittura qui non intende principalmente “rappresentare” o 11 narrare” fatti o immagini bensì , nella tessitura fitta e minuziosa dei suoi segni, sembra invece ricercare un rapporto tra se e le cose (e dunque anche tra se e il riguardante) giocato tutto sui terreno dell’allusività emozionale, della suggestione indefinita dei sentimenti.

Dunque sui piano di una larga, aperta metaforicità, che e del resto sinonimo di poesia. Una poesia lieve, impalpabile, direi quasi evanescente, e tuttavia concretamente attiva, fragrante.

Dipingere non ciò che si vede, e neppure ciò che si pensa, ma ciò che si sente nell’animo: ecco, in una maniera un po’ sintetica, il bersaglio di questa visione poetica di CIRILLO.

Artisticamente autodidatta, pittore d’istinto si potrebbe dire, nutrito di vaste letture, egli ha dunque potuto approfondire ogni sua curiosità filosofica, ogni sua inclinazione lirica nella più ampia libertà, dipanando il filo degli interessi e delle scelte secondo la sua particolarissima visione.

E proprio questa sua libertà fondante l’ha tenuto al riparo, opportunamente, dalle trappole delle formule gia confezionate, dagli approdi protetti, dalle scorciatoie della moda, facendo si che tutto il materiale emozionale che la vita accumula nell’animo potesse manifestarsi e farsi immagine in modi e forme singolari, personali ed efficaci.

Queste sue superfici meditate, di volta in volta tenui od aggressive, brusche o suadenti; altro non sono, dunque, che la traccia segnica del sentimento.

Si pongono dinanzi agli occhi degli spettatori come fragili e leggere testimonianze, come inneschi dell’animo sensibile che ciascuno di noi può intrecciare e riconoscere, può far sedimentare in fondo al cuore.

“Vi sono più cose tra la terra e il cielo – ha scritto Shakespeare- di quante ne contengano le filosofie degli uomini”, e proprio queste cose appunto partecipano, per molta parte, alla dimensione della poesia e dell’emozione, a quella vista lunga del pittore che, con i segni e i colori, giunge qui a darci una suggestiva prova della sua sensibilità.