Giovanni Cappuccio – 27 Ottobre 1990

LUCIANO CIRILLO

Recensione a cura di Giovanni Cappuccio

Cologno Monzese, 2711011990

Non e la prima volta che Luciano Cirillo, un nostra concittadino, viene alla ribalta della cronaca giornalistica per la sua opera di pittore; non e fortuito che di lui abbiano già parlato e scritto pienamente e in modo lusinghiera, vari critici d’arte che vanno per la maggiore: Antonino De Bono, in “Arte più Arte”; Luigi Valerio, sui “giorno” a più riprese Giorgio Seveso e altri. Impressionato dalla sua enorme mole di lavora e per la profondità delle trattazioni pittoriche, da modesto cultore della bell’arte, voglio cimentarmi a illustrare la sua personalità di pittore-artista, unendomi al coro di unanime esaltazione per il talento che questa nostro concittadino profonde a piene mani e a pennelli intrisi di colore, nel trasfigurare una realtà diversa, la realtà che ai nostri occhi appare sempre con la stessa monotonia rituale, ma che in lui si trasfigura in un sogno, una idealità, una trasposizione d’animo e allora, dalla grezza tela, dall’amorfo e insignificante colore ad olio, nasce, per opera sua, e fa vivere in noi, una fantasia che fonda materie e idea assurgendo ad opera d’arte.

E’ l’esaltazione dell’attività creativa intesa come antidoto alla banalità del vivere moderno, in una non voluta integrazione dell’artista nei meccanismi della società industrializzata, che prorompe in alte espressioni di sentimenti al di fuori del comune.

La sua vita artistica, si snoda in un lungo vissuto interiore, attraverso tre tappe fondamentali che stanno a significare della sua profonda maturazione raggiunta: il prima periodo, quello giovanile, in cui predomina la produzione artistica di opere ispirate a nature morte o paesaggistica o comunque ornamentali, rifuggendo da soggetti banali, ma dove comincia a configurarsi anche la futura forte vena poetica del pittore che si cimenta con l’illustrazione della Divina Commedia, come un novello Gustavo Dare di classica memoria.

La pittura di questa periodo non ha gli aspetti ridondanti eccessivi, ne quelli banali della pura e semplice composizione a scopo commerciale, ma e già idonea a suscitare una certa meraviglia e a mettere in luce la purezza delle forme e l’originalità dell’invenzione creativa.

Ma e già nel secondo periodo, quello del surrealismo e delle tematiche sociali, che esplode la vera verve artistica di Cirillo; e il periodo della maturità artistica dove traspare una pittura intellettuale, non mercificabile dall’industria “culturale”, una espressione elevata e colta, contra l’impostazione convenzionale della moderna società massificante, foriera già della ispirazione metafisica del terzo periodo.

L’opera colossale creata da Cirillo, conferisce quei caratteri di unicità e di creatività che lo distinguono dalla massa di produzioni pittoriche senza anima e senza vita, quali possono essere quelle prodotte in seriazione “industriali”.

E veniamo al terzo periodo la metafisica, il più intenso, il più esteso in produzione, il più significativo in qualità.

La pittura di quest’ultimo periodo suscita significati inquietanti ed evocativi attraverso l’accostamento di immagini consuete o di immagini appartenenti ad ordini di realtà antitetiche, provocando una sensazione di smarrimento e di mistero, ma anche di meraviglia e di sbalordimento per la sua purezza espressiva, nella volontà di rivisitare l’immediatezza e la crudezza della realtà al fine di denunciare gli innumerevoli mali sociali del paese, del mondo intero, nell’attesa di una palingenesi rigeneratrice della società umana.

E’ in Cirillo in questa periodo, un sentimento della caducità della vitae quindi una grande sensibilità peri temi della morte, della guerra, dell’orrore, della fame, dell’illusorietà delle cose, dove pero appare prepotentemente l’intimo significato della potenzialita umana a rifondare la vita su basi umane e civili.

Significativi due tra le innumerevoli opere: “adesso basta” olio su tela cm 110 per 110 e “i due oceani” olio su tela cm 150 per 180.