GIORGIO FALOSSI – 1985

Presentazione di Giorgio Falossi
gennaio 1985

Luciano Cirillo apre la sua stagione artistica con una duplice premessa, quella Tecnica e quella culturale. La prima sarà acquisita nei suoi contatti con la scuola di Brera, la seconda sicuramente molto importante e più rara, sarà acquisita da Luciano Cirillo con la lettura lunga ed attenta dello svolgersi dell’arte, approfondendone quelle parti in cui è il pensiero che si identifica con l’espressione estetica, e l’uomo che vi si avvicina diviene parte, perché lo comprende meglio e bene, di un certo progresso storico, inserendosi in un’estasi da definirsi addirittura divina.

Ciò premesso parte la realizzazione figurativa di Luciano Cirillo sul disegno, quasi un esercizio in cui la mano possa trovare la giusta piega ed il pensiero seguire la linea sempre più sicura, intuita con quei corpi, sui nudi, sui volti affilati delle modelle.

E’ il primo passo verso la pittura, quella sentita come rappresentazione familiare: le maternità si distinguono per il senso volumetrico, la grande macchia di colore del panneggio, lo sguardo sereno, il sorriso quasi stupefatto della donna in attesa, danno già l’idea delle possibilità dell’artista che si riflettono anche su certi tramonti ad Agropoli; dalla figura al paesaggio, ove però si ritrovano certi colori, forti, che danno forti sensazioni, per quei piani profondi ed immediati che in senso orizzontale e verticale sfondano la realtà per riversarsi nella memoria, aggrediscono la visibilità per scendere nell’idea.

Dopo il 1968 Luciano Cirillo dipinge per la storia del momento. Quella del problema razziale, della violenza, dell’inquinamento. Allegoria ed astrattismo prevalgono nei suoi quadri nel tentativo di anticipare un messaggio che era già nell’aria e che i più vivono incosciamente.
Sono opere provocatorie, il tentativo di scoprire certi accadimenti, le lacerazioni provocate dall’eterno dolore dell’umanità. Queste opere, partite sotto la spinta della sensibilità emotiva, vanno col tempo raffinandosi con l’introduzione di geometrismi di piani di colore su cui l’occhio dell’osservatore può trovare momento di pausa riflessiva.

Le tecniche si sovrappongono con l’aiuto anche del collage. Siamo nel 1974: i miti crollano, altri si formano su basi che poi si riveleranno solo apparenza.
“Marylin Monroe” è per Luciano Cirillo il caso tipico di una infelicità proveniente dall’interno, cui segue il quadro, dal titolo ampiamente esplicativo: “Una piaga posta all’uscio della nostra dimensione“, cui fa seguito: Dinamismo di un aquilone, Subacqueo, Dinamismo di un volatile, Ciclone; un periodo in cui l’arte viene affrontata da Luciano Cirillo con una realizzazione più materica, con un ritorno a contenuti classici, a certi messaggi letterari, con soggetti emergenti dal colore della luce, a misure che offrono ampie superfici, con la necessità di agganciarsi a formule surrealiste per meglio esprimere la verità.

Un surrealismo che è sogno, lungo e carico di passioni che si allungano nel tempo, si frammentano nel ciclo della materia e del pensiero, e si dilatano con tentacoli simbolici ed inquietanti che si avvicinano sempre più ad un ultimo e più recente modo di interpretazione pittorica di Luciano Cirillo quale è un linguaggio strutturale dai contenuti misteriosi di particelle in movimento, un fenomeno lamellare, una pittura emozionale.

Luciano Cirillo muove ora da un rapporto segno-luce, un rapporto deciso ma impalpabile, in cui si ravvisa una semplificazione del segno ma un ingigantirsi degli elementi espressivi: linee, segmenti, sciabolate di colore, punte di pennello, sono la logica conseguenza di una realtà inquisita, cui è sottratto la sostanza più appariscente del vivere. Nessuna visione visibile, ma uno spazio in cui vengono a collisione gli istanti terminali di molti sogni e fantasie, di eventi intuiti, che si fa trovare entro le pieghe di un tessuto il cui labirinto può essere seguito solo dal binario pensiero-memoria.
Un binario esistente nella porzione corporale e quindi ecco l’ordine inventato di questi quadri che esalta l’ignoto, la scoperta, ed acuisce la conoscenza attraverso il fenomeno visuale fuori dal tempo attualistico.

Il reticolo combinato ed armonizzato con associazioni cromatiche presenta una sua infinità, i suoi amori, dati dagli incontri, i suoi odii dati dalle divergenze, che si sensibilizza per il suo elementare e controllabile organicismo.

Luciano Cirillo vuole creare ancora una volta una situazione culturale con accenni mediante i quali segno e gesti siano movimenti disposti a configurare gli echi della storia. Momenti artistici da non sottovalutare se vi sarà possibile rintracciarvi quella direttrice culturale suggerita da una meta che è sempre la stessa: l’elevazione dell’uomo.